Lunedi 17 Giugno 2002

"Il santo che “piace alla gente che piace”

di Maria Lina Veca

Dopo i “Papa-Boys”, Roma è stata invasa dai “Padrepio-Boys”: un esercito di cappellini gialli e azzurri, di famiglie, di campeggiatori, di “shampiste”, di cubiste, di signore e signorine, di bambini e giovinetti, tutti completi di zainetti con l’effigie di padre Pio, corredati da ogni possibile tipo di gadget, penne biro, acqua santa, magliette, medaglie e medagliette, portachiavi, portacipria, portatutto, tutto rigorosamente con l’immagine del neo-santo cappuccino.
Benvenuti alla fiera della santità, con buona pace di chi scacciò i mercanti dal tempio.
Fra miracoli veri e presunti, in questa orgia di santità da “Medioevo prossimo venturo”, l’unico miracolo sembra, per il momento, quello economico, il grande, grandissimo business, che si agita intorno alla figura del frate di Pietrelcina.
Sembra una sorta di Disneyland di padre Pio: come nel magico “regno Disney” si può comprare tutto, dal cappellino alle pantofole, dalla penna alla borsa, dal quaderno alla collana, con la faccia di padre Pio. Così il santo cappuccino è venduto in tutte le possibili forme e campeggia sullo zaino della signora leopardata come sul cappellino dell’adolescente trendy.
Non c’è persona famosa, in questi giorni, che non abbia fatto la sua dichiarazione di devozione, a dispetto di vite vissute non certo all’insegna della santità, con pluridivorzi, scandali, scandaletti e dubbie vicende alle spalle. Anche i politici si sono schierati, in gran parata, alla saga della devozione, non solo quelli di centro-destra, ma anche quelli di sinistra, come Antonio Bassolino, “folgorato” sulla via di Pietrelcina.
Eppure Padre Pio, nato a Pietrelcina, un piccolo paesino del sud d’Italia, il 1887 e morto a San Giovanni Rotondo nel 1968, Padre Pio (vero nome Francesco Forgione), rappresenta il Santo più popolare, più venerato ma anche più controverso del nostro tempo.
Appartenente all’ordine dei cappuccini, la sua fama ebbe inizio quando, nel 1918, in seguito a un episodio ritenuto misterioso, ebbe una visione alla quale seguì la comparsa, sulle mani, i piedi e il costato, delle stigmate cioè di quelle piaghe considerate i segni della crocifissione di Cristo. Da allora il suo nome ebbe risonanza in tutto il mondo e numerosi studiosi, sia uomini di scienza che teologi cominciarono a occuparsi di lui.
Dal momento della comparsa dei segni del martirio i fedeli lo considerarono già Santo e gli attribuirono numerosi miracoli.
Per il fenomeno Padre Pio la stessa chiesa apparve, in un primo momento, disorientata. Essa inviò numerosi investigatori allo scopo di fare chiarezza sul caos che stava accadendo, nella provincia di Foggia, intorno alla figura del frate. Dopo le prime indagini , nel 1923 il Sant’uffizio dichiarò la non-sovrannaturalità dei segni attribuiti al cappuccino ed esortò i fedeli a ridimensionare il loro entusiasmo. Nel 1933, Papa Pio XI, sotto la spinta della devozione popolare ormai inarrestabile, emanò un decreto con il quale si eliminarono le restrizioni imposte a Padre Pio in precedenza. La figura del Santo da Pietrelcina assumeva sempre maggiore importanza soprattutto per la natura controversa delle sue stigmate, sulle quali si pronunciarono medici sia laici che cattolici. Dalla parte di quest’ultimi si espressero i medici Luigi Romanelli, Giorgio Festa e il medico e teologo Agostino Gemelli. I primi due considerarono i segni di Padre Pio come un fenomeno inspiegabile sotto l’aspetto scientifico, mentre Padre Gemelli li definì di natura isterica. Dalla parte dei laici si espresse, infine, il patologo Giorgio Bignami, che definì le stigmate del frate una necrosi dell’epidermide di origine nevrotica dovuta a suggestione e mantenuta aperta, probabilmente, dall’utilizzo di iodio.
Secondo alcuni studiosi di fenomeni paranormali “le sue visioni, le sue stigmate e le sue estasi possono trovare una naturale via di spiegazione in termini prettamente psicopatologici. Infatti, lo psichiatra dell’Università la Sapienza di Roma, Luigi Cancrini, sulla base di un’attenta analisi della biografia di Padre Pio, effettuò una lettura psichiatrica su quest’ultimo. In essa si conclude che il frate cappuccino soffriva, secondo il DSM IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali), di un disturbo istrionico di personalità associato al disturbo di trance dissociativa, mentre le sue stigmate sono particolari sintomi di conversione somatica.” (Armando De Vincentiis “Estasi, stigmate e altri fenomeni mistici”)
Sulla rivista Scienza & Paranormale, nell’articolo “Scienza, metafisica e valori” di Silvano Fuso si legge: “Purtroppo, fin dai tempi di Kant (nella Critica della ragion pura), ci si è resi conto dell’impossibilità di fondare una metafisica come scienza. In altre parole, di ciascuna affermazione metafisica siamo assolutamente incapaci di stabilire il valore di verità o falsità. Ciò non significa tuttavia che scienza e metafisica siano completamente estranee l’una dall’altra. Osteggiata per decenni dalle concezioni positiviste e neopositiviste, la metafisica è stata in parte rivalutata dalla filosofia della scienza più recente. Già Karl Popper individua nelle concezioni metafisiche (in pratica le ipotesi a priori degli scienziati) un utile serbatoio d’idee, da sottoporre successivamente al controllo empirico. Inoltre altri epistemologi hanno fatto osservare una cosa interessante. Negare la metafisica equivale a sostenere che non esiste nulla al di fuori di ciò che è empiricamente accertabile (posizione tipica di quella concezione filosofica nota con il nome di “scientismo”). Tuttavia una tale affermazione è essa stessa metafisica. Infatti, fornisce un giudizio (sia pure di non esistenza) su ciò che non è empiricamente rilevabile. Sotto questo punto di vista essa appare dunque contraddittoria. Una scienza illuminata, quindi, non dice assolutamente nulla su ciò che non è empiricamente accertabile (direttamente o indirettamente attraverso gli strumenti logico-matematici).
Lo stesso De Vincentiis, in un articolo sugli “Stati Alterati di coscienza” scrive:
“Esiste l’idea comune che sottoponendo un soggetto in ipnosi e chiedendogli di regredire con la sua memoria, questi sarà in grado di ricordare nei minimi dettagli ogni evento accadutogli in un lontano passato. In una condizione del genere, una volta giunti sino ai primissimi stadi dell’infanzia, alcuni ipnotisti insistono nel chiedere al soggetto di continuare a regredire con la memoria facendo giungere quest’ultimo fino all’esperienza che precede la nascita o addirittura il concepimento e, nonostante questo, la persona continua a evocare frammenti di esperienze. Come si può spiegare un fenomeno simile? Per molti ipnotisti ciò significa una sola cosa: il soggetto è andato con la memoria a ritroso nel tempo fino a rievocare situazioni vissute in una vita precedente. Su questa fragile prova è possibile, tuttavia, effettuare numerose osservazioni critiche. Non esiste alcun riscontro oggettivo che possa dimostrare la veridicità delle affermazioni fatte da un individuo in stato di ipnosi; l’unico elemento su cui si basa l’intera impalcatura teorica che sostiene la concretezza della regressione a una vita precedente è la memoria di essa. È un fatto assolutamente noto in ambito scientifico che la memoria non è un processo esclusivamente passivo di rievocazione di eventi, ma è piuttosto un processo attivo di ricostruzione, fortemente influenzato dalle condizioni emotive di un soggetto. Sia sotto ipnosi che in uno stato di veglia, un individuo, durante la rievocazione mnemonica di un evento, può inserire fatti, fantasie e bisogni senza esserne consapevole e avere la convinzione che le cose siano davvero andate nel modo immaginato. Inoltre, in numerose occasioni i vuoti di memoria sono spesso rimpiazzati dalla creazione involontaria di falsi ricordi, le cosiddette confabulazioni, in cui sono descritte con dovizia di particolari numerose circostanze assolutamente fantasiose. La memoria è quindi soggetta ad alterazioni sia qualitative, come le pseudomnesie, vere allucinazioni della memoria in cui si ricordano eventi in realtà mai accaduti, sia quantitative, come le allomnesie, in cui un soggetto rievoca eventi carichi di distorsioni. Questi “scherzi” della memoria possono verificarsi in condizioni patologiche, in condizioni emotive particolarmente fragili o in condizioni assolutamente normali e l’esperienza dell’ipnosi non garantisce in alcun modo la protezione da queste alterazioni. In definitiva, regredire a una vita passata non significa altro che immergersi in una suggestiva fantasia”.
In un articolo pubblicato dal mensile Quark, nel dicembre 2001, l’etologo Mainardi scrive che l’evoluzione della nostra specie ha portato ad un “conflitto tra il valore della sopravvivenza della specie e quello della sopravvivenza dell’individuo, che si manifesta col rifiuto dell’accettazione del proprio ruolo naturale.”
Vediamo ancora cosa scrive Joachin Bouflet, nel libro Il mistero delle stigmate (1997): “(...) nell’Islam la stigmatizzazione non esiste (...), fra i musulmani non si trovano stigmatizzati, poiché la loro dottrina è contraria a fenomeni di questo genere (...), presso i cristiani, le stigmate si riscontrano soltanto nella Chiesa latina (...), la Chiesa ortodossa d’Oriente non conosce stigmatizzati tra i suoi santi.”